Sostenibilità, lo abbiamo detto più volte, è far parlare anzitutto i fatti e le azioni. Per fare un parallelismo con il calcio: prima costruzione (dal basso) e realizzazione dell’azione e, solo dopo, la celebrazione.
È così che Ranocchia ne è esempio, inno alla semplicità e alla normalità. Il calciatore che è in genere idealizzato e innalzato a eroe, ha in realtà i piedi ben piantati a terra. In questo caso legati alla sua di terra, alla sua famiglia, agli amici e ai frutti di quel territorio dove gli Antichi Orti di Assisi giacciono.
Ma partiamo dalla recente notizia e scelta presa dal giocatore. Andrea Ranocchia, storico difensore dell’Inter e della nazionale, dopo 11 anni in nerazzurro e la breve parentesi al Monza, anche a seguito dell’ultimo grave infortunio subito, ha deciso a 34 anni di lasciare il calcio giocato. Nonostante un contratto appena firmato, non se l’è sentita di continuare e ha chiesto la rescissione.

Sarebbe stato molto più semplice (e conveniente) rimanere sotto contratto e aspettare di recuperare ma: “non voglio prendere in giro nessuno, non ho più niente da dare” e ancora “è da una anno e mezzo che sto vivendo un periodo difficile, si è spento qualcosa, non ho più la passione“; dice il calciatore umbro. A dare invece, senza volerlo, è una grande lezione. Sapersi ascoltare e rispettare. Scegliere di stare bene, anteponendo alcune priorità e valori che spesso convenzionalmente vengono posizionati dopo altri.
Una scelta controcorrente ma, se vogliamo, contemporanea. Se assimiliamo la professione del calciatore con altre più “ordinarie” la tendenza – soprattutto nei giovani – ci dice che oggi la ricerca della propria soddisfazione, del tempo da dedicare alle proprie passioni o ai propri cari è sempre più una priorità.
Una decisione difficile guardando dall’esterno, ma probabilmente molto più facile invece per il ragazzo. Sicuramente una presa di posizione rara e anche per questo meritevole di sottolineatura.
Con il fatto che guadagnano moltissimo, si trattano i giocatori professionisti come robot, non si permette loro di avere debolezze o cedimenti mentali, devono essere macchine perfette. Solo ultimamente si sono accesi maggiormente i riflettori sugli sportivi e sulle ripercussioni fisiche e mentali provocate da ritmi e business impazziti.
La sostenibilità nello sport e soprattutto nel calcio viene spesso associata al tema economico, ma la differenza si potrà fare solo coinvolgendo direttamente chi rappresenta il c(u)ore del business, con l’esempio e soprattutto con i fatti.
La salute e lo star bene dell’individuo, come del collettivo, è alla base del concetto di sostenibilità e di etica nel lavoro. Anche se sei il più fortunato e privilegiato, devi comunque avere il diritto di poterti ascoltare e scegliere il tuo bene.
In questo caso, pare proprio trattarsi di una scelta per stare meglio, inutile continuare senza motivazioni. Se ti senti svuotato è difficile che i soldi riescano a compensare, soprattutto se hai avuto la bravura e fortuna di garantirti una certa stabilità economica.
Una bella carriera alle spalle e tante emozioni miste tra soddisfazioni e delusioni, quella vissuta da Andrea. Una vera e propria girandola: la classica montagna russa interista.

Sì perché Ranocchia ha vissuto l’Inter da interista. Affrontando tutto a testa alta, con orgoglio e sofferenza. Non solo: Andrea è stato capitano ed esempio senza mai lamentarsi, reagendo e mettendo sempre il gruppo prima di tutto. Stavolta ha giocato d’anticipo e ha messo prima sé stesso e la sua famiglia, facendo una delle sue entrate difensive più belle. Pulito, ha allontanato il pallone: con rispetto, eleganza e correttezza.
Grazie Andrea. Ranocchia in smoking che salta, scivola e rovescia.