L’Italia è il primo Paese europeo ad aver introdotto una legislazione specifica sulle società benefit. Il numero di queste in Italia (e non solo) sta crescendo molto. Assobenefit stima che oggi siano più di 1.400 in Italia e il trend dell’ultimo periodo è in netta crescita. Si tratta di una semplice tendenza del momento legata anche al boom di esposizione mediatica che sta vivendo la sostenibilità oppure è un utile step verso una più completa integrazione della CSR nelle aziende?

Per provare a capirlo è importante approfondirne innanzitutto il funzionamento e cercare di cogliere i possibili benefici attesi e prodotti a livello di singole imprese e di sistema.

Partendo dalla definizione, il termine è mutuato da quello statunitense “Benefit Corporation”. In Italia per società benefit si intendono le imprese che “nell’esercizio di un’attività economica, oltre allo scopo di dividerne gli utili, perseguono una o più finalità di beneficio comune e operano in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni ed altri portatori di interesse”.
I requisiti per diventare società benefit:
– Volontà di costituzione
– Redazione o modifica dello statuto con inserimento di finalità di bene comune
– Nomina di un responsabile
– Identificazione obiettivi da raggiungere nel primo esercizio
– Selezione e utilizzo di standard di valutazione
– Redazione e pubblicazione della relazione annuale
I benefici attesi:
– Perseguimento al beneficio comune attraverso un contributo trasparente
– Capacità di attrarre investimenti
– Network di imprese con stessi valori
– Vantaggio reputazionale
– Capacità di attrarre talenti e consumatori sensibili verso la sostenibilità
– Essere apripista e ricoprire ruolo di leader nel campo
Controllo: in caso di mancato perseguimento del beneficio comune la società può essere sanzionata dall’AGCM che dovrà valutare il comportamento tenuto alla luce degli impegni assunti e dei criteri applicati dalla società benefit.
Possibile elemento critico: elemento discrezionalità della definizione di “bene comune” da parte del legislatore.
La valutazione dell’impatto deve comprendere le seguenti aree di analisi:
1) Governo d’impresa (trasparenza gestione)
2) Lavoratori
3) Altri portatori di interessi (fornitori, comunità, territorio)
4) Ambiente
Le caratteristiche degli standard utilizzati:
Esauriente: deve riferirsi a impatti e azioni perseguite per ottenere il beneficio comune
Ente terzo: realizzato e certificato da ente esterno
Credibilità del certificatore: ente competente e che utilizza un approccio scientifico
Trasparente: pubblicazione delle informazioni
“L’Assurance riduce l’autoreferenzialità e rafforza la fiducia e credibilità della propria rendicontazione”.
Trasmettere valori di fiducia, credibilità e reputazione verso gli stakeholder (interni ed esterni), in questo senso la comunicazione gioca un ruolo centrale.
Il Report realizzato da PwC riporta in modo concreto e semplice la realtà delle società benefit in Italia fornendo un quadro molto dettagliato e completo. Di seguito il Report PwC – Le società benefit: un nuovo paradigma imprenditoriale.

In conclusione: le società benefit più che una moda possono essere definite come una tendenza. Queste infatti non sono una scatola vuota, bensì una possibilità reale e strutturata per rendere più concreto e “istituzionalizzato” l’impegno in sostenibilità delle aziende. Un impegno che segue diverse fasi, che porta in ogni caso dei vantaggi a livello collettivo e che è riconosciuto da una serie di attori e organizzazioni.
Legato a questo vi è un ulteriore aspetto interessante: molte imprese possono essere “spinte” o incentivate a lavorare per diventare società benefit dal mercato e dall’esperienza maturata dalle aziende che hanno già intrapreso il percorso.
Vi è però da fare un warning: le aziende devono stare attente a non renderlo un punto di arrivo, diventare società benefit deve rappresentare uno step per incrementare e proseguire il processo di integrazione della sostenibilità, altrimenti rischierà, col tempo, di perdere valore e quindi legittimazione nei confronti dei vari stakeholder in campo e dell’opinione pubblica.